Rubrica "LA PASTA NEL PALLONE": Mini-intervista a Fausto Pizzi

Fausto Pizzi (Rho, 21 luglio 1967) è un ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista. Oggi dirigente sportivo e allenatore di calcio. Cresciuto nelle giovanili dell'Inter, nella sua carriera ha vestito le maglie di: Centese, Lanerossi Vicenza, Inter, Parma, Udinese, Napoli, Perugia, Genoa, Cremonese, Treviso, Cittadella, Reggiana, San Marino, Forlì.

Nel suo palmarès da calciatore vanta: 1 Coppa Uefa vinta con l'Inter nel 1991, 1 Coppa delle Coppe vinta con il Parma nel 1993.



Il tuo formato di pasta preferito in assoluto e quale condimento ami abbinarci ?

Le tagliatelle. Adoro abbinarci un ragù di carne.


Il tuo ricordo d'infanzia legato alla pasta ?

La pasta e fagioli preparata da mio papà, esperto cuoco.


Il miglior piatto di pasta mangiato in ritiro e chi lo ha cucinato.

Senza dubbio uno spaghetto allo scoglio preparato da mister Moria, mio allenatore al San Marino, presso il ristorante Capitan Bagati.


Hai vestito la maglia di molte squadre italiane. Qual è la cucina regionale alla quale ti senti maggiormente legato ?

La cucina emiliana che amo e che continuo ad assaporare quotidianamente vivendo a Parma.


La Pasta alla Carbonara: le ipotesi sulla sua origine ed i dettami "cult" dell'Anonima Società Carbonari

Si narra che per ogni carbonara con la panna ci sia un romano che piange. Sua Maestà La Carbonara, sovrana incontrastata dei primi piatti romani, monarca assoluta della cucina della Capitale. Pochi ingredienti ma di sostanza: guanciale, uova, pepe e pecorino. Semplice dici? Cuoci troppo e ti esce fuori una frittata. Cuoci troppo poco e ti esce fuori un lago. La carbonara è come la vita. La carbonara è una questione di equilibrio. E l’equilibrio perfetto si trova tra i 60 e i 65 gradi, quando l’uovo inizia a coagulare. Il segreto della carbonara si gioca proprio sulla capacità di raggiungere questo equilibrio perfetto. A voi scegliere il metodo migliore per ottenerlo. La carbonara è come la vita. La carbonara è una questione di scelte. Scelte estremamente soggettive ed estremamente delicate. È forse proprio questa somiglianza con la vita che rende la carbonara un piatto amato, venerato, ammirato, desiderato. Alcuni ne sono addirittura ossessionati. Secondo la Coldiretti, Sua Maestà La Carbonara supera anche le lasagne e gli spaghetti al pomodoro nella classifica delle paste più amate dai giovani italiani. Carbonara number one, preferita da 1 giovane su 5 (il 18%). Esiste una vera e propria religione, un carbo-culto, con numerosissimi adepti in giro per tutto il mondo. La carbonara è infatti sicuramente uno dei piatti che raccoglie più fanatici, integralisti e puristi. “La carbonara si fa così e basta”. “La ricetta tradizionale è solo questa”. “O guanciale o niente”. Sono frasi che si sentono spessissimo. Paradossale se pensiamo che la ricetta della carbonara nasce nemmeno 100 anni fa. E probabilmente ce l’hanno portata gli americani. Scioc ! E probabilmente prevedeva in origine l’uso della pancetta. Doppio Scioc ! E probabilmente prevedeva in origine l’uso della panna. Infarto !

In realtà neanche questo è sicuro. Le origini della carbonara sono tra le più discusse della storia della cucina. Ma sta di fatto che la Vera Ricetta non esiste. L’unica vera ricetta è la vostra. Ed è forse proprio qui che sta il fascino di questa pasta: ognuno può farsi la sua vera ricetta, ognuno può farsi la sua ricetta tradizionale, ognuno può farsi la sua carbo-religione. Ognuno può essere felice. La carbonara è un piatto egualitario e democratico. In questo senso poco Sua Maestà.

Non che le ipotesi sull’origine della carbonara non esistano. Anzi… Ve ne elenchiamo alcune giusto per gradire.



La pista americana

"Tu vuoi fa l'americano ma sei nato in Italì" sembrerebbe appropriato per descrivere le carbonare targate USA, spesso inguardabili e immangiabili. Eppure, una delle ipotesi più accreditate sulle origini della carbonara ci riporta proprio agli Stati Uniti d'America. O meglio, che gli Stati Uniti d'America abbiano portato la carbonara da noi, in Italì. Possibile? Insieme alla musica rock, i cowboy, la coca-cola, halloween ecc... anche la carbonara è un prodotto a stelle e strisce? Un'ipotesi molto diffusa sostiene che la nascita della carbonara risale al 1944, durante la II Guerra Mondiale, quando le truppe americane arrivarono in Italia. La leggenda vuole che un giorno un soldato americano abbia ordinato un piatto di spaghetti e, considerandolo poco condito per i suoi gusti, iniziò ad aggiungere alla pasta la sua razione fatta di uova in polvere, bacon e panna liquida. Proprio così, cari carbonari, secondo questa ipotesi la carbonara originaria prevedeva l'utilizzo di uova in polvere, bacon e panna... Sempre secondo questa ipotesi, furono poi gli italiani (per fortuna, aggiungerei) a modificare il piatto togliendo innanzitutto la panna! In particolare, si racconta che fu un giovane cuoco bolognese, Renato Gualandi, a sistematizzare questa nuova ricetta, diffondendola nella Capitale dato che fu cuoco delle truppe alleate a Roma fino all'Aprile del 1945. Tutto torna!?


L'ipotesi Appenninica 

Tra le varie storie sulla nascita della carbonara, ce ne è una piuttosto interessante che ci porta sugli Appennini. Infatti, secondo una tradizione abbastanza consolidata, il piatto sarebbe stato inventato dai carbonai (i carbonari in romanesco) che si trovavano nel territorio appenninico e lo preparavano utilizzando chiaramente ingredienti di facile reperibilità e conservazione. Un piatto semplice, ma sostanzioso, necessario per i lunghi periodi di tempo in cui i carbonai dovevano sorvegliare la carbonaia. In questo senso, la carbonara può essere definita come una evoluzione del piatto cacio e ova, una pietra-miliare della cucina abruzzese, che i carbonai degli Appennini erano soliti mangiare in modo vorace. Se ci pensate, in effetti, gli ingredienti fondamentali dei due piatti sono affini: uova e formaggi. Ma come si arriva agli altri due ingredienti fondamentali: il guanciale e il pepe? Secondo questa ipotesi, l'olio sarebbe stato troppo caro per i carbonai che lo avrebbero sostituito con il guanciale. A esso era irrimediabilmente associato una grossa quantità di pepe per la conservazione. Et voilà. Uova. Pecorino. Guanciale. Pepe. Tutto torna.



L'ipotesi napoletana

C'è una teoria sull'origine della carbonara che ci porta in Campania, in particolare nel territorio del napoletano. Che la carbonara sia quindi imparentata con la pizza? Questa tesi si basa su alcune ricette presenti in "Cucina teorico-pratica", un trattato di cucina scritto nel 1837 da Ippolito Cavalcanti, nobile cuoco e letterato di Afragola. Questo trattato è un compendio di cucina tradizionale napoletana, con alcune ricette di ispirazione francese, in quanto la cucina d'oltralpe era molto presente nelle tavole dell'aristocrazia e dell'alta borghesia dell'epoca. Tra le ricette presentate in quest'opera, ci sono dei must della moderna cucina napoletana (e non solo): i vermicelli al pomodoro, la parmigiana di melanzane, il panzerotto fritto, i vermicelli con le vongole, il baccalà fritto, la pasta e fagioli, la pasta e piselli, la minestra maritata, la pasta cacio e ova... Ma quindi come si arriva alla carbonara? L'idea è che, nella preparazione di alcuni piatti presenti in questo antico ricettario, ci sono degli ingredienti e delle tecniche presenti nella carbonara: lo sbattuto di uova, il formaggio e il pepe aggiunto dopo la cottura. Certo, è una tesi abbastanza contorta. Ci verrebbe da dire: diamo a Cesare quel che è di Cesare. Ossia, lasciamo la carbonara a Roma!!


Qualsiasi sia l'ipotesi corretta, a un certo punto la carbonara inizia ad arrivare massicciamente sulle tavole degli italiani (ma non solo) e inizia a ottenere un grande successo. Tutto questo avviene più o meno a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La prima vera introduzione in un ricettario, però, avviene soltanto nel 1954, quando la carbonara è inserita nel libro 'La signora in cucina' di Felix Dessì. La ricetta è molto simile alla versione odierna: uova, pepe, parmigiano (ma se si preferisce il piccante, viene precisato, un buon pecorino lo può sostituire), infine pancetta. Quindi non guanciale? Quindi nella prima ricetta della carbonara in un ricettario italiano era presente la pancetta e non il guanciale? Dunque la questione pancetta o guanciale nella carbonara è più complessa di quello che sembra. È difficile dare una risposta netta. Sta di fatto che nel 1960, con la pubblicazione del ricettario 'La grande cucina' di Luigi Carnicina, per la prima volta la pancetta viene sostituita dal guanciale di maiale. Questo libro segna la consacrazione della carbonara in Italia ed è forse per questo che la versione con il guanciale è oggi più spesso utilizzata. In questo ricettario era anche previsto come ingrediente la panna, che rimarrà molto diffusa fino agli anni '80 (si veda a tal proposito la versione di Gualtiero Marchesi del 1989). Lo sapevate? In parole povere, la ricetta 'tradizionale' uovo-pecorino-pepe-guanciale si è consolidata solo a partire dagli anni '90. Forse gli integralisti della carbonara dovrebbero rivedere alcune loro posizioni? Anche se questo non vuol dire che la ricetta 'tradizionale' non sia semplicemente la più buona!

Ne siamo profondamente convinti. Per quanto la questione storica sia assai complessa, Sua Maestà La Carbonara dà il suo meglio con questi ingredienti: guanciale, pecorino, pepe e uova. Sulla pasta si potrebbe discutere, sono tanti i formati appropriati. I migliori secondo noi: pasta corta rigatoni; pasta lunga pici e spaghetti. NO NO NO la panna. Come dicevamo all’inizio, per ogni carbonara con la panna c’è un romano che piange. E probabilmente un fanatico della carbonara che muore. Quindi va bene che la carbonara è un piatto libero e democratico, che non ha una vera e propria ricetta tradizionale, ma è pur sempre una regina e come tale va rispettata. E amata.


di Anonima Società Carbonari  (@anonimasocietacarbonari)

Giovani Chef: Sebastiano Zorgno si presenta...

Sebastiano Zorgno, un giovane chef classe 1999, originario di un piccolo paese del Monferrato, Morano sul Po. Si presenta come un ragazzo molto interessato alla vita, allegro, dinamico, euforico, disposto ad agire, ad imparare, a sperimentare, a rinnovarsi cercando continuamente una crescita personale e lavorativa. Ha conseguito il diploma di enogastronomia presso l’Istituto Alberghiero Sergio Ronco di Trino Vercellese, che ha saputo offrirgli solide basi (teoriche e pratiche) sulla ristorazione.

Avevo quindici anni quando, lavorando da Balin, un piccolo ristorante gourmet nel cuore del “mare a quadretti” (la zona delle risaie vercellesi), capii che quello sarebbe stato il mio futuro. Mi ha trasmesso un amore immenso nei confronti di questo mondo, nei confronti della cucina che sempre più ho sentito far parte di me stesso. Così dopo due anni iniziai la mia giovane carriera in un ristorante stellato sul porto di Cesenatico... per poi arrivare a fare il responsabile bistrò di Enrico Bartolini, presso la Locanda del Sant’uffizio in quel di Cioccaro. Quello è stato il mio grande salto di qualità”, ci racconta Sebastiano.

Da un anno lavora nel ristorante Marcelin, situato a Montà d’Alba, nel quale svolge la mansione di chef de partie per la preparazione dei primi piatti, facendo da spalla allo chef Andrea Ferrucci. Rispetto agli anni precedenti ha sviluppato nuove abilità in cucina: dalla tecnica applicata per la preparazione di una portata a riconoscere le materie prime di ottima qualità, ma soprattutto l’inventiva ed il pensiero filosofico che sono alla base della realizzazione di un piatto.

In questo periodo cosi difficile per il settore della ristorazione, i suoi progetti futuri e la sua voglia di crescere professionalmente non hanno subito variazioni grazie alla sua perseverante volontà di realizzarsi, mossa dal sogno (fin da bambino) di indossare una giacca da chef.


Sebastiano Zorgno, a young chef born in 1999, originally from a small town in Monferrato, Morano sul Po. He presents himself as a boy who is very interested in life, cheerful, dynamic, euphoric, willing to act, to learn, to experiment, to renew himself by continuously seeking personal and work growth. He graduated in food and wine management at the Sergio Ronco Hotel Institute in Trino Vercellese, which was able to offer him a solid foundation (theoretical and practical) on catering.

I was fifteen when, working at Balin, a small gourmet restaurant in the heart of the "mare a quadretti"(the area of ​​the Vercelli rice fields), I realized that this would be my future. He transmitted to me an immense love for this world, for the cuisine that I have felt more and more part of myself. So after two years I began my young career in a starred restaurant on the port of Cesenatico ... and then I became the manager of Enrico Bartolini's bistro at the Locanda del Sant’offizio in Cioccaro. That was my big leap in quality”, Sebastiano tells us.

For a year he has been working in the Marcelin restaurant, located in Montà d'Alba, where he works as chef de partie for the preparation of first courses, supporting chef Andrea Ferrucci. Compared to previous years he has developed new skills in the kitchen: from the technique applied for the preparation of a course to recognizing the raw materials of excellent quality, but above all the inventiveness and philosophical thought that are the basis of the realization of a dish.

In this difficult period for the catering sector, his future projects and his desire to grow professionally have not changed thanks to his persevering desire to fulfill himself, moved by the dream (since childhood) of wearing a chef's jacket.


Ricette degli Chef: Rigatoni neri con frutti di mare e crema di piselli

 di SEBASTIANO ZORGNO

Ho deciso di proporre questo tipo di pasta, si tratta di un impasto a base di due farine, integrale e di semola miscelate con il tuorlo d’uovo e l’aggiunta di nero di seppia, il quale va ad esaltare il sapore del prodotto ottenuto.

Il condimento è stato scelto per una mia passione, il mare, un enorme mondo silenzioso che nasconde forme vitali straordinarie, il suo profumo mi fa tornare in quella piccola cucina affacciata sul mar Adriatico. Per ottenere il piatto totale, ho seguito il mio palato, le mie idee e il profumo di quella piccola cucina.


Ingredienti per 1 kg di pasta

400g Tuorlo

250g Farina di semola

250g Farina integrale

100g Nero di seppia


Per il condimento: 200 g di pasta

40g di cozze

40g di seppie spillo

50g pomodori ciliegino

Olio extra vergine d’oliva Q.B.

3 spicchi d’aglio

20ml vino bianco

Sale e pepe Q.B.

50g di piselli finissimi


Per la decorazione

Basilico thai


Procedimento

Impastare il tuorlo con le farine e il nero di seppia fino ad ottenere un impasto compatto ed omogeneo, lasciatelo riposare in frigo per 1 ora circa.

Una volta riposato, stendetelo con un tirapasta di uno spessore di circa 3mm, con un coltello tagliatelo a strisce 3cm x 5m, avvolgete la striscia in uno stecco di legno e rollate su un legno striato, di modo tale da ottenere dei rigatoni.

Lavare le cozze sotto acqua corrente fredda, oliare una pentola, mettere uno spicchio d’aglio, una volta calda metterci le cozze, sfumare con il vino bianco e coprire con un coperchio. Una volta che le cozze si sono aperte, scolarle e lasciarle raffreddare, tenete da parte il liquido che si è creato all’interno del tegame.

Lavare ed eviscerare le seppie spillo, una volta lavate, sbianchirle in acqua bollente sapida (tenetele in acqua per 3 minuti e raffreddatele subito in acqua e ghiaccio).

Tagliare i pomodorini a metà, disporli su una teglia con olio e sale e cuocerli in forno a 8 gradi per circa 30 minuti. Sbollentare i piselli in acqua bollente sapida per 4 minuti e raffreddarli in acqua e ghiaccio. Una volta freddi frullarli con olio sale e pepe, ottenendo una crema liscia ed omogenea

Cuocere la pasta in acqua bollente sapida per 5 minuti, scolarla e farla saltare in una pentola aggiungendo le cozze, le seppie spillo e i pomodori, mantecare con il liquido elle cozze precedentemente tenuto e un fili d’olio extravergine.


Impiattamento

In un piatto bianco adagiare la crema di piselli a forma circolare, su di essa mettere i rigatoni ricreando una forma piramidale, completare con il condimento come più vi piace e chiudere il piatto con qualche foglia di basilico thai.


Ricetta: Gramigna alla salsiccia

La gramigna alla salsiccia è uno dei piatti tipici della cucina emiliana; è un formato di pasta bucato e di taglio corto, dalla forma arricciata. Viene condita con ragù di salsiccia o in altre varianti che prevedono pomodoro o panna. A dire il vero, in Emilia esistono varie versioni della gramigna alla salsiccia, tutte gelosamente custodite a livello familiare: c'è chi usa il brodo di carne, chi il dado, chi la crosta di parmigiano e chi no, chi la passata di pomodoro, chi il concentrato, chi la cipolla e chi lo scalogno. Una cosa è certa, tutte le versioni, in quanto a materie prime utilizzate, hanno forte carattere territoriale. Quella che vi proponiamo qui di seguito ha un'accezione personale, in quanto è la ricetta custodita dalla cugina Eliana di Castel Maggiore (BO), la prima persona a farcela provare nei lontani anni '80.


Ingredienti per 4 persone

400 gr di salsiccia fresca

100 gr di passata di pomodoro

una crosta di parmigiano reggiano

1 bicchiere di vino bianco secco

1 cipolla bianca

olio evo

1 litro d'acqua

latte q.b.

sale q.b.


Preparazione

Tritare finemente la cipolla e farla appassire in una padella con olio evo. Sgranare la salsiccia e lasciarla cuocere nel soffritto fino alla sua completa coloritura, cercare di sgranare costantemente..

Unire la crosta di parmigiano reggiano ed il vino, fare sfumare per qualche minuto, poi aggiungere la passata di pomodoro (precedentemente cotta) ed almeno un litro di acqua, regolare di sale e pepe e lasciare sobbollire rimestando spesso fino al completo assorbimento della parte liquida, ultimata la cottura togliere il formaggio.

A parte lessare la gramigna in acqua salata, scolarla al dente e saltarla in padella con la salsiccia, prima di spegnere versare un po' di latte ed un pugno di parmigiano grattugiato, amalgamare bene e servire.


The gramigna with sausage is one of the typical dishes of Emilian cuisine; it is a short-cut, perforated pasta shape with a curled shape. It is seasoned with sausage ragù or in other variations that include tomato or cream. To tell the truth, in Emilia there are various versions of the weed with sausage, all jealously guarded at a family level: there are those who use the meat broth, some the nut, some the parmesan crust and some not, some the tomato sauce , who the concentrate, who the onion and who the shallot. One thing is certain, all the versions, in terms of raw materials used, have a strong territorial character. The one we propose below has a personal meaning, as it is the recipe kept by her cousin Eliana from Castel Maggiore (BO), the first person to let us try it in the distant 80s.


Ingredients for 4 people

400 gr of fresh sausage

100 gr of tomato puree

a crust of Parmesan cheese

1 glass of dry white wine

1 white onion

extra virgin olive oil

1 liter of water

milk to taste

salt to taste


Preparation

Finely chop the onion and sauté it in a pan with extra virgin olive oil. Shell the sausage and let it cook in the sauté until it is completely colored, try to shell constantly.

Add the Parmesan cheese crust and the wine, simmer for a few minutes, then add the tomato puree (previously cooked) and at least a liter of water, season with salt and pepper and leave to simmer, stirring often until the liquid part is completely absorbed , once cooked, remove the cheese.

Aside boil the weed in salted water, drain it al dente and toss in a pan with the sausage, before turning off pour a little milk and a handful of grated Parmesan cheese, mix well and serve.

Storia e Ricetta originale delle Lasagne Bolognesi / History and original recipe of Bolognese Lasagna

Tra le molte fonti che fanno riferimento a questo particolare formato di pasta, vi sono opere di autori illustri, tra le quali le Satire di Orazio (I° secolo a.C.), ed il De re Coquinaria di Marco Gavio Apicio (Patina Cotidiana). Quest'ultimo, in particolare, parla esplicitamente di una “lagana” formata da sottili sfoglie di pasta farcite con carne e cotte in forno. Ma somigliava solo vagamente alla lasagna attuale: l'impasto andava bollito e poi anche fritto.

Nel XIII° secolo le lasagne sono già così conosciute e diffuse che compaiono nelle opere di diversi autori. Una quartina del poeta e religioso umbro Jacopone da Todi recita: “Chi guarda a maggioranza spesse volte si inganna. Granel di pepe vince per virtù la lasagna”.
Anche Cecco Angiolieri, poeta e scrittore senese contemporaneo di Dante, cita questa pasta nei suoi scritti: “chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’ castello non ha ne muro ne fosso”.

L’uso di lessare gli impasti di acqua e farina risale al Medioevo e la lasagna è uno dei formati più conosciuti, citata a partire almeno dal XIII° secolo. Rimane celebre il riferimento di Fra’ Salimbene da Parma che, nella sua cronaca del 1284, parla di un frate corpulento dicendo “non vidi mai nessuno che come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio”.

Bisogna attendere il XIV° secolo a Napoli in un ricettario anonimo, il Liber de Coquina, perchè la lasagna assuma la sua veste moderna, e ciò sia nella composizione dell'impasto, che nella cottura della sfoglia. Nel libro III del Liber si descrive la sua preparazione: «Delle lasagne: per fare lasagne, prendi della pasta fermentata e fanne una sfoglia sottile più che puoi. Successivamente dividila in parti di forma quadrata e della larghezza di tre dita. Poi, prendi dall'acqua bollente salata e metti a cuocere le lasagne indicate. E quando saranno cotte prendi (versa) del formaggio grattugiato».

Per stendere le lasagne, ieri come oggi, il metodo era quello di fare un impasto e tirarlo a matterello, ottenendo una grande sfoglia regolare. Cristoforo Messisbugo, autore della metà del Cinquecento, fornisce un’indicazione in tal senso dicendo “tira la detta spoglia tu, et uno compagno tanto che venga sottile come carta”.

La pasta delle lasagne trecentesche era composta da sola acqua e farina di grano tenero per cui la loro consistenza, una volta cotte, doveva essere particolarmente morbida e si potrebbe paragonare a quella degli udon. Nel Rinascimento verranno aggiunte le uova che sostituiranno, in tutto o in parte, l’acqua nell’impasto, conferendo maggiore tenacia alla pasta. Oltre a essere servite come “primo piatto”, le lasagne venivano utilizzate anche come accompagnamento a lessi di anatre e capponi, inaugurando una moda tutta italiana di accostamento tra pasta e piatti di carne che è sopravvissuta nel nostro Paese fino alla fine dell’Ottocento e si può ancora trovare utilizzata oltralpe.


Ricetta

Per preparare una buona ed autentica lasagna alla Bolognese la cosa fondamentale è la giusta scelta degli ingredienti: per prima cosa la carne, che deve essere rigorosamente mista (polpa di manzo macinata e pancetta di maiale), poi la polpa di pomodoro che deve essere di buona qualità, una besciamella cremosa, ed infine, ma non per ultime, le lasagne vere e proprie, che devono essere composte da pasta fresca all'uovo agli spinaci, con la sfoglia porosa adatta a trattenere il condimento.

Per la ricetta della lasagna alla bolognese, partire dalla preparazione del ragù. Quindi, tagliare prima a dadini e poi tritare la pancetta e farla soffriggere in un tegame. Unire tre cucchiai d’olio o 50 grammi di burro, il sedano, la carota e la cipolla e far appassire dolcemente. Poi unire anche la carne macinata e far rosolare. Sfumare con il vino e mescolare fino a quando non sarà evaporato. Aggiungere la passata, coprire e lasciare cuocere lentamente per circa due ore aggiungendo, se necessario, del brodo. Verso la fine unire il latte per smorzare l’acidità del pomodoro e aggiustare di sale e di pepe. Per preparare la sfoglia, impastare la farina, le uova e gli spinaci lessati e passati al setaccio, creare delle strisce sottili e ritagliarle in quadrati larghi che andranno poi lessati e fatti asciugare sopra un canovaccio. Nel frattempo preparare la besciamella: mettere a sciogliere il burro in una casseruola a fiamma bassa, incorporare la farina setacciata e mescolare il tutto con la frusta. Far cuocere il roux fino a che non sarà dorato e, a questo punto, aggiungere anche il latte, il sale e la noce moscata. Poi imburrare una teglia e disporre le sfoglie, condire con uno strato di sugo, uno di besciamella e una spolverata di formaggio grattugiato. Poi ancora uno di sugo, uno di besciamella e avanti così fino all’esaurimento degli ingredienti (la versione autentica bolognese ne richiederebbe 7 di strati). Coprire l’ultimo strato con besciamella, ragù e fiocchetti di burro e cuocere in forno a 160° per circa trenta minuti. Quando la superficie sarà dorata, le lasagne si potranno sfornare e servire.


Among the many sources that refer to this particular pasta shape, there are works by illustrious authors, including the Satire of Horace (1st century BC), and Marco Gavio Apicio's De re Coquinaria (Patina Cotidiana). The latter, in particular, explicitly speaks of a “lagana” formed by thin sheets of pasta stuffed with meat and cooked in the oven. But it only vaguely resembled the current lasagna: the dough was boiled and then fried as well.

In the 13th century lasagna is already so well known and widespread that it appears in the works of various authors. A quatrain by the Umbrian poet and religious Jacopone da Todi reads: “Those who look by the majority are often deceived. Peppercorns wins lasagna for virtue”.

Cecco Angiolieri, a Sienese poet and writer contemporary of Dante, also mentions this pasta in his writings: "whoever makes lasagna from other flour, his castle has no wall or ditch".

The use of boiling water and flour mixtures dates back to the Middle Ages and lasagna is one of the best known formats, mentioned at least from the 13th century. The reference of Fra 'Salimbene from Parma remains famous who, in his chronicle of 1284, speaks of a stout friar saying "I never saw anyone like him who so gladly gorged himself on lasagna with cheese".

It is necessary to wait until the 14th century in Naples in an anonymous recipe book, the Liber de Coquina, for the lasagna to take on its modern appearance, and this both in the composition of the dough and in the cooking of the pastry. In Book III of the Liber describes its preparation: «Lasagna: to make lasagna, take fermented pasta and make it as thin as possible. Then divide it into square shaped parts three fingers wide. Then, take from the boiling salted water and cook the indicated lasagna. And when they are cooked take (pour) some grated cheese».

To roll out the lasagna, yesterday as today, the method was to make a dough and roll it out with a rolling pin, obtaining a large regular sheet. Cristoforo Messisbugo, author of the mid-sixteenth century, provides an indication in this sense by saying "pull the said strip you, and a companion so much that it becomes as thin as paper".

The pasta of the fourteenth-century lasagna was composed of only water and soft wheat flour so their consistency, once cooked, had to be particularly soft and could be compared to that of udon. In the Renaissance, eggs will be added which will replace, in whole or in part, the water in the dough, giving more tenacity to the pasta. In addition to being served as a "first course", lasagna was also used as an accompaniment to boiled ducks and capons, inaugurating an all-Italian fashion of combining pasta and meat dishes that survived in our country until the end of the nineteenth century and it can still be found used across the Alps.




Recipe

To prepare a good and authentic Bolognese lasagna the fundamental thing is the right choice of ingredients: first of all the meat, which must be rigorously mixed (minced beef and pork belly), then the tomato pulp which must be of good quality, a creamy béchamel, and last but not least, the real lasagna, which must be composed of fresh egg pasta with spinach, with a porous sheet suitable to hold the sauce.

For the recipe for lasagna alla bolognese, start with the preparation of the meat sauce. Then, first cut into cubes and then chop the bacon and fry it in a pan. Combine three tablespoons of oil or 50 grams of butter, celery, carrot and onion and sauté gently. Then add the minced meat and brown. Deglaze with the wine and stir until evaporated. Add the puree, cover and cook slowly for about two hours, adding broth if necessary. Towards the end, add the milk to dampen the acidity of the tomato and season with salt and pepper. To prepare the pastry, mix the flour, eggs and spinach boiled and sieved, create thin strips and cut them into large squares which will then be boiled and dried on a cloth. In the meantime, prepare the bechamel: melt the butter in a saucepan over low heat, add the sifted flour and mix everything with a whisk. Cook the roux until it is golden and, at this point, add the milk, salt and nutmeg. Then grease a pan and arrange the sheets, season with a layer of sauce, a layer of bechamel and a sprinkling of grated cheese. Then again one of sauce, one of béchamel and so on until all the ingredients are used up (the authentic Bolognese version would require 7 layers). Cover the last layer with béchamel, meat sauce and flakes of butter and bake in the oven at 160 ° for about thirty minutes. When the surface is golden, the lasagna can be taken out of the oven and served.


Photo credit: © Maribel Agullo' | www.taste-of-italy.com


Ricetta: Penne lisce con broccoli e peperoni cruschi

La pasta con i broccoli è un primo piatto semplice e vegetariano, perfetto per l’autunno e l'inverno. Per la preparazione, è possibile utilizzare sia i broccoletti siciliani, sia quelli romani. In entrambi i casi, senza lessarli, si cuociono direttamente in padella. In questa ricetta abbiamo arricchito il classico condimento di broccoli, con peperoni cruschi (secchi) che hanno regalato al piatto un sapore particolare.


Ingredienti per 4 persone

300 gr. di penne lisce

500 gr. di broccoli

5 cucchiai di olio extravergine di oliva

1 spicchio d'aglio

3 peperoni cruschi (secchi)

sale q.b.


Preparazione
Prendere una tegame con olio evo e soffriggervi l'aglio insieme a tre peperoni cruschi, togliere l'aglio appena dorato (i peperoni secchi dopo il soffritto risulteranno più friabili); aggiungere le cime dei broccoli, precedentemente puliti, lavati e sbollentati, lasciar cuocere aggiungendo, se necessario, un pò di acqua calda ed un pizzico di sale e tre peperoni cruschi, amalgamare bene. In una pentola cuocere le penne lisce, scolarli al dente, versare la pasta nel tegame dei broccoli e rigirare bene il tutto. Servire nei piatti.


Pasta with broccoli is a simple and vegetarian first course, perfect for autumn and winter. For the preparation, it is possible to use both Sicilian and Roman broccoli. In both cases, without boiling them, they are cooked directly in the pan. In this recipe we have enriched the classic broccoli dressing, with cruschi (dried) peppers that gave the dish a particular flavor.


Ingredients for 4 people

300 gr. of smooth feathers

500 gr. of broccoli

5 tablespoons of extra virgin olive oil

1 clove of garlic

3 cruschi peppers (dried)

salt to taste


Preparation

Take a pan with extra virgin olive oil and fry the garlic together with three cruschi peppers, remove the slightly golden garlic (the dried peppers after the sauté will be more crumbly); add the tops of the broccoli, previously cleaned, washed and blanched, let it cook adding, if necessary, a little hot water and a pinch of salt and three cruschi peppers, mix well. In a saucepan, cook the penne smooth, drain them al dente, pour the pasta into the broccoli pan and stir well. Serve on plates.



"Il pesce d'acqua dolce non è più il fratello povero di quello di mare". Intervista allo chef stellato Sandro Serva

Una storia familiare che continua da decenni, una grande “maison”, una tra le più importanti cucine d’acqua dolce d’Europa: siamo al Ristorante La Trota di Rivodutri. È stata la passione trascinante e la caparbietà dei fratelli Sandro e Maurizio Serva a trasformare una semplice trattoria in un luogo di pellegrinaggio gourmet, ponendo questo piccolo paesino del reatino, a un centinaio di chilometri da Roma, quale fulcro di esperienze culinarie per foodies del centro Italia. Abbiamo intervistato, per voi lettori, Sandro Serva.


Raccontaci come nasce il tuo interesse per la cucina.

Sono figlio di ristoratori e, fin da bambini, io e mio fratello Maurizio siamo cresciuti tra pentole, seggiole e tavoli; i nostri maestri sono stati mio padre e mia madre, la mia prima esperienza in un ristorante stellato fu a Canneto dalla famiglia Santini, con la quale avevamo qualcosa in comune.


Un tuo ricordo d'infanzia legato ai pranzi domenicali in famiglia.

Era raro fare pranzi domenicali in famiglia per via del lavoro, ma ricordo le tavolate con tante persone della famiglia in occasione della mia prima comunione, tanti commensali che mi fecero sentire importante.


La principale soddisfazione per uno chef è quella di stupire ed emozionare i clienti. Qual è l'assaggio del Lazio che vuoi lasciare nei palati dei tuoi clienti ?

La soddisfazione per uno chef è quella di fare sempre bene e vedere i suoi ospiti soddisfatti e contenti del viaggio affrontato per raggiungere il proprio ristorante. Dobbiamo raccontare il territorio tramite i nostri piatti. L’assaggio del Lazio sicuramente: uovo di carciofo con topinambur e mentuccia, un piatto che racchiude 3 ricette in una sola portata.


Quali prodotti della terra tipici della provincia reatina non devono mai mancare nella tua dispensa ?

Per noi è una regola utilizzare tutto quello che proviene dal circondario, il Lazio è una regione ricca di prodotti, la scelta è ampia.


Il Lazio è più carne o pesce ?

Dipende dall'area di riferimento, ogni provincia si differenzia. La mia regione sul lato tirrenico parla da sè per il consumo di pesce di mare, ma se ci spostiamo nell’entroterra abbiamo carne e laghi pescosi a 100 m dove le cooperative locali pescano lucci, tinche persici, coregoni, trote e anguille.


Il rapporto con tuo fratello Maurizio ?

Con mio fratello si è costruito insieme tutto questo, si è andati sempre d’accordo anche se a volte ci sono punti di vista diversi, ma credo che sia normale, ora ci sono i nostri figli che sono presenti sia in sala che in cucina Michele e Amedeo, i quali hanno portato subito nuove idee una generazione che guarda al futuro, una marcia in più.


La cucina è un veicolo importantissimo per la promozione del territorio. Rivodutri, in terra Sabina, è il borgo collinare (popolato da poco più di mille anime) dove siete cresciuti e dove la vostra famiglia ha mosso i primi passi nella ristorazione. Perchè un viaggiatore dovrebbe scegliere di visitarlo ?

Rivodutri è un paesino con poco più di 1000 anime che raccoglie varie frazioni. Un viaggiatore dovrebbe sceglierlo per visitarlo per la porta alchemica, monumentale arco seicentesco situato nel borgo di Rivodutri fungeva da ingresso principale nel palazzo barocco, il faggio di San Francesco dove un faggio a forma di ombrello riparò il Santo nel suo passaggio verso Assisi, la riserva dei laghi lungo e ripa sottile e le sorgenti di S. Susanna con 5000 l al secondo primeggiano in Europa e si trovano alle spalle del nostro ristorante.


Il vostro pluripremiato ristorante La Trota aperto dal 1963 raccoglie riconoscimenti e plausi anno dopo anno. Avete già fatto il conto delle soddisfazioni ? Qual è la vostra massima ambizione ?

Non esiste la massima ambizione ma solo quello di far bene e cercare di far sentite l’ospite a casa, il nostro cliente percorre centinaia di km per arrivare da noi e deve andar via con qualcosa cosa in più; una volta che si varca la soglia del nostro ristorante diventa nostro amico. Abbiamo avuto tanti riconoscimenti, siamo gli unici 2 stelle Michelin in Europa che sviluppano un menù con pesci di acqua dolce, tre forchette gambero rosso, 4 cappelli espresso, 90 guida Touring abbiamo portato la nostra cucina in tanti Paesi del pianeta e questa è un soddisfazione del grande lavoro che si svolge quotidianamente, più che un'ambizione.


... Un giorno standosi egli in una barchetta nel porto del piccolo lago di Piediluco, un pescatore gli offrì con riverenza una tinca che aveva appena pescato; egli accolse lietamente e premurosamente quel pesce, chiamandolo fratello poi lo ripose nell'acqua fuori della barca... ” (dai “Fioretti di San Francesco” vrs. 428). Questo episodio della vita del Santo Patrono d'Italia ci fa comprendere come il territorio sabino, da tempi remoti, sia fortemente legato alla pesca del pesce d'acqua dolce. Quale spezia o erba valorizza maggiormente la sua preparazione in cucina ?

Siamo al confine con Poggio Bustone, insieme a Rivodutri è quasi tutto un comune. San Francesco durante la sua malattia fu curato dalle donne di Poggio Bustone che erano solite preparare piatti quali la torta di mele, il pasticcio di gamberi e luccio, i pesci pescati nel nostro torrente il Santa Susanna e nel lago di Ripa sottile, e questi piatti sono in carta nel nostro menù. Le erbe da utilizzare in cucina sono quelle che crescono in riva al fiume: sedano d’acqua e crescione di sorgente (crescono solo dove l’acqua è pura e noi ne abbiamo in abbondanza).


Il pesce d'acqua dolce è...... ?

Il pesce di acqua dolce è il fratello povero del pesce di mare, ma negli ultimi anni sta tornando sulle tavole con forte curiosità ed in questo ci sentiamo un pò pionieri.


Il tuo formato di pasta preferito ed a cosa lo abbineresti ?

Il mio formato di pasta preferito non può che essere lo spaghetto, è il simbolo dell'Italia nel mondo. Lo abbinerei ad un ragù di lago, erbe aromatiche e bottarga di trota.


A family history that has continued for decades, a great "maison", one of the most important freshwater kitchens in Europe: we are at La Trota in Rivodutri. It was the driving passion and stubbornness of the brothers Sandro and Maurizio Serva that transformed a simple trattoria into a place of gourmet pilgrimage, placing this small village in the Rieti area, a hundred kilometers from Rome, as the hub of culinary experiences for foodies in the center Italy. We have interviewed, for you readers, Sandro Serva.


Tell us how your interest in cooking was born.

I am the son of restaurateurs and, since childhood, my brother Maurizio and I have grown up among pots, chairs and tables; our teachers were my father and my mother, my first experience in a starred restaurant was in Canneto by the Santini family, with whom we had something in common.


A childhood memory of yours linked to Sunday family lunches.

It was rare to have Sunday lunches with the family because of work, but I remember the tables with many people of the family on the occasion of my first communion, many diners who made me feel important.


The main satisfaction for a chef is to amaze and excite customers. What is the taste of Lazio that you want to leave in the palates of your customers?

The satisfaction for a chef is to always do well and see his guests satisfied and happy with the journey they have taken to reach their restaurant. We must tell the territory through our dishes. Definitely the taste of Lazio: artichoke egg with Jerusalem artichoke and mint, a dish that contains 3 recipes in a single course.


Which products of the land typical of the Rieti province should never be missing in your pantry?

For us it is a rule to use everything that comes from the district, Lazio is a region rich in products, the choice is wide.


Is Lazio more meat or fish?

It depends on the reference area, each province is different. My region on the Tyrrhenian side speaks for itself for the consumption of sea fish, but if we move inland we have meat and fish-rich lakes at 100m where local cooperatives fish for pike, perch tench, whitefish, trout and eel.


The relationship with your brother Maurizio?

With my brother he built all this together, we always got along even if sometimes there are different points of view, but I think it's normal, now there are our children who are present both in the dining room and in the kitchen Michele and Amedeo, who immediately brought new ideas to a generation that looks to the future, an extra gear.


The kitchen is a very important vehicle for the promotion of the territory. Rivodutri, in the Sabina area, is the hilltop village (populated by just over a thousand souls) where you grew up and where your family took its first steps in catering. Why should a traveler choose to visit it?

Rivodutri is a small village with just over 1000 souls that gathers various hamlets. A traveler should choose it to visit it for the alchemical door, a monumental seventeenth-century arch located in the village of Rivodutri which served as the main entrance to the baroque palace, the beech of San Francesco where an umbrella-shaped beech sheltered the Saint in his passage towards Assisi, the reserve of long lakes and thin banks and the springs of S. Susanna with 5000 liters per second excel in Europe and are located behind our restaurant.


Your award-winning La Trota restaurant, opened since 1963, has been receiving awards and acclaim year after year. Have you already counted the satisfactions? What is your highest ambition?

There is no maximum ambition but only that of doing well and trying to make the guest feel at home, our customer travels hundreds of km to get to us and must leave with something more; once you cross the threshold of our restaurant, you become our friend. We have had many awards, we are the only 2 Michelin stars in Europe who develop a menu with freshwater fish, three red shrimp forks, 4 espresso hats, 90 Touring guides we have brought our cuisine to many countries around the planet and this is a satisfaction of the great work that takes place every day, more than an ambition.


... One day, standing in a boat in the port of the small lake of Piediluco, a fisherman reverently offered him a tench he had just fished; he gladly and thoughtfully welcomed that fish, calling him brother then put it back in the water outside the boat ... ”(from the“ Fioretti di San Francesco ”vrs. 428). This episode in the life of the patron saint of Italy makes us understand how the Sabine territory, since ancient times, has been strongly linked to freshwater fish fishing. Which spice or herb enhances its preparation in the kitchen the most?

We are on the border with Poggio Bustone, together with Rivodutri it is almost all a municipality. San Francesco during his illness was treated by the women of Poggio Bustone who used to prepare dishes such as apple pie, shrimp and pike pie, fish caught in our stream the Santa Susanna and in the thin Ripa lake, and these dishes they are on the menu in our menu. The herbs to use in the kitchen are those that grow by the river: water celery and spring cress (they grow only where the water is pure and we have it in abundance).


Is freshwater fish ......?

Freshwater fish is the poor brother of sea fish, but in recent years it is returning to the tables with strong curiosity and in this we feel a bit pioneers.


Your favorite pasta shape and what would you pair it with?

My favorite shape of pasta can only be spaghetti, it is the symbol of Italy in the world. I would combine it with a lake ragout, aromatic herbs and trout bottarga.